VIVA VERDI di MARTINO SARTOR
La mostra di Martino Sartor, Viva Verdi, è la seconda dedicata al suggestivo rapporto, sinestetico, tra pittura e musica, ma mentre nella mostra del 2011, a Trevignano, l’artista aveva esaltato l’amata Patria, in quanto il titolo era ispirato all’Inno di Mameli, al Va pensiero e ad una canzone di Francesco De Gregori, Viva l’Italia, quella attuale è ispirata alla musica di Giuseppe Verdi.
Lo stile di Martino Sartor, nelle sue opere pittoriche, è strettamente legato alla musica verdiana in termini che vanno oltre il “Postmoderno”, in quanto appare permeato da un gusto della recente corrente del “Nuovo Realismo”. Una corrente che recupera l’arte del passato secondo ideologie ed esperienze estetiche legate al mondo della storia e della natura. Nel caso di Sartor possiamo citare gli esempi dell’apparizione della musica in pittura nel Rinascimento Veneto, con Giorgione e Tiziano. Il Concerto campestre del 1509-1510, attribuito a Giorgione e anche a Tiziano, è una delle opere che illustrano, con maggiore chiarezza, le elaborazioni della teoria musicale e della cultura umanistica neoplatonica veneziana all’inizio del cinquecento. Naturalmente la cultura figurativo-musicale degli artisti veneti era fondata sull’esempio degli antichi. Ricorderemo il capolavoro del Caravaggio, Riposo della fuga in Egitto, del 1594 circa, e le numerose serie di disegni, dipinti e opere in marmo, dedicati dal Canova al tema della danza.
Anche nel settore artistico, dell’arte moderna e contemporanea, la sinestesia tra musica e pittura è presente nelle opere di Oskar Schlemmer (Figura metallica, 1922), di Gino Severini (La danza dell’orso,1913), in Robert Delaunay (Ritorno senza fine, 1934), in Paul Klee (In stile di Bach, 1919), in Giacomo Balla (La mano del violinista, 1912) e, infine, in un’opera di Jannis Kounellis (Senza titolo, 1972). Le due ultime opere citate sono assai vicine a quelle composte da Martino Sartor, che esamineremo seguendo un percorso ritmico di valore musicale.
Aida – “La forma è il sommo contenuto”, ha scritto Marangoni. L’opera di Martino Sartor ispirata all’Aida è composta da una piramide, simbolo dell’eternità umana e divina (in quanto tomba del Faraone), poggia sul titolo “solido e dorato” dell’opera stessa. La punta della piramide segna il centro del sole splendente: simbolo del trionfo che illumina un notturno leopardiano.
Otello – Una delle opere più suggestive di Sartor è l’Otello, realizzato con tratti dorati e bianche parole, su fondo nero, che si accordano con la Basilica di S. Marco e con l’azzurro purissimo del cielo e delle onde dei mari.
Rigoletto – Il ritmo festoso, andante con brio, intensamente proteso verso l’esaltazione della bellezza “mobile” della donna, ritrova, nel dipinto di Sartor, una felice corrispondenza di “amorosi sensi” cromatici e ritmici. Le luminose piume, dorate e biancheggianti, si innalzano come vibranti parole d’amore, ai lati del dipinto: metaforiche visioni della “leggerezza” teorizzata da Calvino.
La Traviata – Anche in quest’opera Sartor riesce a comunicarci una visione musicale di un’opera che esalta l’ebbrezza peccaminosa dell’Eros: luminose note musicali, in primo piano, alludono all’ebbrezza provocata dal vino, che rende più eccitante l’incontro amoroso. Un incontro raffigurato entro trasparenti bicchieri di frizzante prosecco.
Casa Verdi – Il Cigno di Busseto – L’opera è ispirata al sopranome assegnato a Giuseppe Verdi: novello Giove che sovente si trasforma in cigno per sedurre Leda: simbolo delle sue numerose amanti, magari per una “sola notte di mezza estate”, in una camera della sua casa di Roncole di Busseto. Dalle finestre, dalla porta, dai muri di tale casa e naturalmente dall’immagine del monumento, dedicato a Verdi, noi sentiamo che il pittore Martino Sartor è riuscito a creare una visione appartata e sacrale, con note musicali semplici e sublimate in pacate armonie agresti, perfettamente accordate all’animo di un artista, nato e cresciuto in una casa di campagna (dove tutt’ora vive), bianca e luminosa, con tratti di muri costruiti con mattoni e con sassi variamente colorati.
Tutto Verdi – Usando la tecnica della “poesia visiva”, nel dipinto “Tutto Verdi” Sartor compone una sequenza di parole tratte dalle partiture musicali delle opere verdiane con al centro, scritto in oro, il nome del geniale e severo compositore. Talmente severo nelle sue lezioni con gli allievi (nelle numerose prove d’orchestra per eseguire un’opera) da rimproverarli spesso con la parola “asini”. Anche tale imperativo categorico di Verdi è tradotto da Martino Sartor, in sintonia con il suo carattere battagliero, in una sequenza pittorica in cui la parola “asini” viene “messa in riga” nell’intero fondo nero del dipinto.
In occasione di tale mostra l’artista esporrà, inoltre, una serie di acqueforti ed acquetinte della sua produzione incisoria che va dagli anni ottanta ad oggi.
Ottorino Stefani
VIVA L’ITALIA DI MARTINO SARTOR
Nel 1994, nel presentare l’opera pittorica e grafica di Martino Sartor, ho insistito sulla formazione del “Mito Personale”, che comprende un’età che va da 8 mesi a 18 anni circa. E’ il periodo in cui un artista interiorizza tutto ciò che colpisce la sua sensibilità visiva ed emotiva. Non a caso il testo critico aveva per titolo: “la poesia elegiaca del muro rustico”, citando l’abitazione dove l’artista vive tuttora. Una casa di campagna, bianca, luminosa, con tratti di muri costruiti con mattoni o con sassi variamente colorati. E’ facile, quindi, immaginare la vita famigliare e sociale del futuro artista in una abitazione rurale, con tutte le caratteristiche della vita dei contadini veneti delle nostre campagne: espressione diretta della natura circostante.
Tipiche del periodo degli anni novanta le opere incentrate sui muri delle case, con finestre nettamente disegnate sulle stesse. Gentili apparizioni di una vita silenziosa, quasi fossero muri capaci di chiudere uno sguardo verso l’azzurro dei monti lontani: “tra le nubi e la polvere, i confini con la terra”.
Dal rigore delle composizioni incentrate sui muri di mattoni e di sassi, nelle opere recenti, esposte nella mostra, entriamo in un mondo dove l’arte diventa anche un “Manifesto” di impegno storico, sociale, politico e religioso.
Nel nostro tempo, dominato dal clima del Postmoderno, l’impegno ideologico è meno “razionale”, in quanto articolato su nuove tendenze, capaci di rivivere i movimenti d’avanguardia con uno spirito critico e “trasgressivo”. Infatti, attraverso le sue opere, Martino Sartor rivive le varie proposte delle avanguardie artistiche, del Novecento e del Duemila, tramite un linguaggio apparentemente semplice e “minimalista”. In realtà la sua indagine creativa affonda le radici nella cultura, non solo pittorica, della Civiltà dei veneti: le sue opere, dedicate agli artisti, ai musicisti, ai poeti, ai politici, esprimono una posizione di severo impegno esistenziale, vissuto all’ombra di un’armoniosa casa di contadini che osserva il mondo esterno attraverso finestre azzurre per specchiare una interna purezza spaziale e temporale.
C’è un dipinto, del pittore trevigiano, che è un punto fermo della sua tensione creativa e della sua riscoperta delle pulsioni dell’inconscio, il quale, come è noto, è strutturato come un linguaggio. Si tratta di Enotria, uno dei nomi primitivi attribuiti all’Italia meridionale, abitata dagli Enotri. Un nome che deriverebbe dal greco “oivos” (vino) per l’abbondanza dei vigneti. Divisa nei tre colori della nostra bandiera, attraverso una tecnica “divisionista” (ma le pennellate richiamano chicchi di grano), la sagoma dell’Italia campeggia su un fondo nero, simbolo di fermezza ideologica e di autorità legale, sociale e religiosa. Lo stile, come abbiamo ricordato, è “umile”, volutamente ingenuo, e coincide sia con quello degli scritti evangelici, sia col linguaggio dialettale.
Un’altra opera, legata intimamente ad Enotria, è Consequenziale, la quale riassume, simbolicamente, l’esaltazione e la costante vicinanza ideale e sentimentale agli antichi valori della Patria: espressi anche nel dipinto Italia Ideale.
Vi sono, inoltre, una serie di opere in cui, Martino Sartor, rende omaggio all’Italia attraverso un rapporto sinestetico con la musica: un vero e proprio “Canto” musicale, eseguito con un ritmo cromatico e segnico di grande suggestione estetica: Italia in note, Va pensiero, Inno di Mameli, Viva l’Italia ,di De Gregori.
La visione musicale, tradotta in termini pittorici dal pittore di Musano è, invece, astratta e può richiamare il ritmo cromatico e compositivo del dipinto Boogie-woogie di Mondrian: un artista amato da Sartor, tanto è vero che ha dedicato un dipinto in omaggio al fondatore dell’Astrattismo geometrico. Altri omaggi sono stati dedicati dall’artista a Fontana, Pollock e Kandinsky.
L’ossessionante bisogno di comporre i suoi quadri con assoluto rigore geometrico fa parte della visione del mondo di un pittore che si è formato nell’ ”ordine” di una famiglia di contadini, consolidato da severi studi scientifici che hanno messo in luce le prime intuizioni emotive e visive a contatto con la natura circostante. Non a caso, Martino Sartor ha composto numerose opere, di impronta mondrianesca incentrate sul tema architettonico delle piramidi e delle costruzioni di gusto purista e rurale.
Ritornando al tema di Viva l’Italia, assistiamo ad una chiara allusione alla caduta “nella notte” delle umani ambizioni e contrasti ideologici, dovuti ad una scarsa sensibilità umana e cristiana. Il pittore esprime la sua “indignazione” con taluni lavori che non solo riassumono la sua linea creativa “Postmoderna”, ma costituiscono anche un raro documento di un rigoroso impegno civile, raffigurato nel dipinto Libiamo: nel fondo nero dell’opera, il bianco splendore dei bicchieri suggerisce un senso di brillante speranza per il futuro.
Anche l’Italia vituperata, uno dei dipinti più significativi di Martino Sartor (in quanto riassume, con straordinaria potenza creativa, i suoi ideali di uomo e di artista), potrà essere “riscattata” se l’uomo ritornerà ad ispirarsi ai valori divulgati nel passato dai protagonisti che hanno creato l’unità d’Italia.
Ottorino Stefani
HANNO SCRITTO
“…… i mezzi espressivi posseduti dall’artista con grande equilibrio (soprattutto nell’uso dell’acquatinta) consentono ormai di tradurre in termini poetici un mondo amato fin dall’infanzia e rivissuto come specchio di una interiore aspirazione ora serena e lirica, ora inquieta e quasi elegiaca, capace di rendere visibile lo ‘spirito invisibile’ dell’uomo.”
L’ordine che l’artista trevigiano trasmette alle sue visioni di collina, di muri che chiudono rigogliosi giardini, di campi arati e di alberi vigorosi e umanizzati, deriva da una predisposizine naturale assimilata lentamente a contatto con una realtà amata come sostanza primordiale del mondo.
Ottorino Stefani
“…… in certe acquetinte si sentono le stimmate dell’artista che scarta le seduzioni fenomeniche dell’immagine per scavare all’interno, quasi facendosi largo nel caos di una ‘natura naturans’.
Ecco che il segno si fa gesto; e il gesto nasconde un’interpretazione delle cose.
Animismo? Antropomorfismo? “
Paolo Rizzi
“……. è davvero più facile immaginare Martino mentre deglutisce nervosamente davanti alle opere esposte o mentre, con le mani nere fino al gomito, arranca sulle lastre sudate, alle prese con un ramo che non denuncia il colpo di vento o la radice impertinente?
Chi lo conosce, sa bene che il bulino non sente le spinte della fortuna e che la matrice di zinco o di rame obbedisce solo a mani pazienti e curiose, come alle tue, amico Martino….”
Sergio Favotto
“……. pur restando sempre fedele ad una ispirazione naturalistica espressa con misurata emotività. Questa tuttavia gli consente, a volte, di penetrare più a fondo nella realtà, per sottolineare i fermenti animistici, per scoprire per intuizione una possibilità di maturazione simbolica delle forme, tale da sottrarlo al limite del ”far veneto” e da consentirgli il raggiungimento di una dimensione meglio riconoscibile e personale.”
Salvatore Maugeri
” L’artista si serve della visione esterna del ‘Suo’ mondo per raffigurare gli impulsi misteriosi sollevati da ricordi sedimentati in fondo all’anima.
Le sequenze di ciottoli e tegole acquistano così dimensione elegiaca e l’opera diventa poetica trasmissione del senso di rimpianto per tutto ciò che rivela il segno del tempo.”
Vittoria Magno
“……. i particolari, ripetuti in una sucessione che a volte può apparire inquietante, divengono fondamentali per l’equilibrio della composizione, esaltati ulteriormente dalla luminosità intensa e cristallina che caratterizza le opere di Sartor. Partendo, quindi, dagli oggetti più semplici, con cui mantiene una frequentazione quotidiana, il pittore cerca di dare una sorta di ‘dignità artistica’ come lo stesso Sartor sottolinea.”
Roberta Alessandrini
“Le incisioni all’acquaforte di Sartor nascono da questo amore per il luogo natìo, ma anche da una sapienza formale che dialoga con le cose naturali e ne coglie l’anima nascosta, quella che soltanto la lunga consuetudine può rilevare.”
Paola Azzolini
“Il suo segno grafico, il meditato gesto che incide la lastra, non sono mai casuali, non lasciano nulla al superficiale, ma rivelano immagini intrise di soffici atmosfere, quasi estraendo dal bianco della pagina profondità ed equilibri, armonie e delicatezze formali suggerite dal lento mutare delle stagioni del tempo e della vita.”
Giorgio Trevisan
L’artista è abile incisore, con maestria tecnica affronta l’arte della calcografia riscoprendo una nuova forma artistica che alimenta il suo operato. Le opere incisorie affrontano tematiche paesagistiche, indagano nella natura, nelle particolarità dei campi, studiano ed analizzano il vento le le sensazioni di un paesaggio all’aperto. Incisioni graffianti ed eleganti diventano espressione di luoghi che raccontano la bellezza naturale di una poetica lirica. Sartor possiede e sviluppa un’audace tecnica incisoria, sviluppa un linguaggio attraverso l’intersezione di forme artistiche differenti varia il rapporto che si crea tra luci ed ombre evidenziando contrasti cromatici e i vigorosi paesaggi che ci indicano la via verso la libertà. Sartor è artista poliedrico, le sue opere conquistano il mondo del collezionismo italiano e straniero.
Archivio Monografico dell’Arte Italiana
